–––Kumasi (Ghana) / Roma
È il primo incontro con Va-Bene: si collega da Kumasi, ha una rete traballante che va e che viene, e lei si sposta continuamente per trovare il punto di connessione. È in canottiera, fa caldo. Ride, è entusiasta della proposta e ci contagia. Ci racconta del suo lavoro e dello spazio che ha creato, di residenze e di produzione. Ma anche un luogo di incontro per pezzi di comunità lgbtq+ di Kumasi. In Ghana, ci racconta, ci sono lasciti coloniali ancora molto forti, che agiscono soprattutto sul piano religioso – il cristianesimo genera paura, panico, paranoia diffusa, una specie di ipnosi.
L’omofobia è ovunque, e legittimata – il parlamento sta discutendo un disegno di legge anti-lgbtiq, promosso da associazioni e gruppi religiosi; già adesso l’omosessualità è illegale e punibile con il carcere, ma la legge sancirebbe una situazione di vera e propria criminalizzazione delle persone gay, lesbiche, trans, non binarie e altre identità, con pene fino a 10 anni. Diventerebbero illegali e punibili tutte la pratiche sessuali non eterosessuali e considerate fuori norma (sesso orale e anale, uso di sex toys), le manifestazioni d’affetto, iniziative e festività pubbliche, verrebbero interrotte le procedure mediche di transizione già in corso, e previsto il “riallineamento di genere” per le persone intersex. Da marzo, quando si è iniziato a parlare del disegno di legge, gli attacchi di violenza contro persone lgbt/queer sono aumentati esponenzialmente.
I suoi lavori, ci dice Va-Bene, prendono forma in questo ambiente, e lo affrontano. Conosce bene il contesto religioso, fa parte del suo background. Eppure, ci dice, a differenza della rappresentazione occidentale dell’Africa come spazio uniforme, sono molti i gruppi etnici che celebrano l’omosessualità e le diverse identità sessuali – l’omofobia è un lascito tutto coloniale. (Del resto, basti pensare all’Inghilterra dell’Ottocento e al clima violentemente persecutorio, durato fino a metà Novecento, e il quadro è chiaro).
Parliamo della traduzione. Ci sono circa 200 lingue diverse in Ghana, e lei sta lavorando anche con le università per progetti di traduzioni multipla.
E poi, ci racconta la storia del suo nome.