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numero zero
invito
Nel giugno 2021, mentre in Italia siamo in pieno lockdown, il collettivo CHEAP di Bologna mi propone di partecipare al progetto di public art La lotta è FICA. La proposta è immaginare un poster che incarni per me il femminismo intersezionale, antirazzista, body e sex positive. La lotta è FICA è composto da 25 poster realizzati da altrettante artiste e installati sulla centralissima Via Indipendenza a Bologna.
Nei poster sono rappresentate le lotte femministe che intersecano l’antirazzismo, trova fisicità lo sguardo queer sui generi, entrano i corpi delle donne, corpi trans e corpi eccentrici. Sono state chiamate a raccolta 25 artiste: illustratrici, grafiche, fotografe, performer, fumettiste, streetartist – una pluralità di media che corrisponde a un vasto campionario di biografie e visioni, unite dalle prospettive del transfemminismo.
Ideatrice e curatrice dell’operazione è CHEAP, il progetto di public art con sede a Bologna fondato nel 2013 da sei donne: La lotta è FICA è il suo primo intervento realizzato dall’inizio del lockdown ed è significativamente stato scelto per sottolineare quanto il femminismo sia un’attività essenziale.
Qui il link del progetto:
https://www.cheapfestival.it/la-lotta-e-fica-un-progetto-femminista-di-art-pubblica-di-cheap/
il poster
Decido, con la complicità di Claudia Pajewski, un’amica fotografa, di realizzare un’opera in cui il soggetto principale è il mio corpo nudo, frontale, in posizione di resa (palmi delle mani rilassati, muscoli decontratti), senza trucco né hair-style.
La foto, scattata sul terrazzo della casa di Claudia, è stata il primo scatto che ho fatto in epoca Covid. Abitiamo molto vicine, il nostro quartiere è affollato di microcomunità lesbiche e queer: case, librerie, bar, locali notturni. Questa prossimità di corpi e affetti ci ha permesso di affrontare più o meno “insieme” la pandemia.
Con l’aiuto di Claudia e Camilla Caré ho modificato il crudo del mio corpo nudo lavorando in post-produzione con un programma di grafica, cercando di farlo aderire il più possibile ai miei desideri. -io sono così se desidero esserlo. –io non devo aderire ai vostri canoni. –io non voglio due seni grandi, ne voglio sei piccoli. –io sono il mio corpo, il mio corpo è ciò che sono. –io voglio più pelo. –io sono più pelo.
Ho poi deciso di scontornare l’immagine per farla (letteralmente) aderire a qualsiasi superficie, muro, colore, texture della città. Nel caso del poster bolognese lo sfondo sono i cartelloni di poster precedenti strappati.
Io non sono un argomento di discussione, io sono così.
Il poster, a grandezza naturale, un 2D alto 1,76m, è accessoriato da un secondo poster da incollare sopra che porta questo claim: COSì È (SE MI PARE). Giocando con il titolo della novella pirandelliana, si riporta il teatro – l’ambiente dove sono solita agire – dentro un discorso di autodeterminazione del corpo.
Silvia
reazioni cutanee
A distanza di qualche settimana dall’attacchinaggio – il poster è un esemplare unico, affisso nella via principale di Bologna – una senatrice della Lega, partito di destra e xenofobo, ha segnalato in facebook la presenza dell’opera, generando un’onda d’odio nei confronti di Silvia, dirette sia alla persona che all’opera. Oltre alle migliaia di offese ricevute, sono arrivate moltissime lettere di sostegno. Condividiamo qui quella del centro di ricerca e collettivo autonomo transfemministaqueer – CRAAAZI di Bologna.
È a partire da questa lettera, da come le compagnesse assumono questa azione non come un’opera artistica che appartiene alla sua autrice, ma come uno spazio di possibilità che riguarda e appartiene a tutt_, che nasce il desiderio di far diventare questa azione epidemica.
“A Silvia
Scriviamo questo post per rivolgerci a compagna e fratella, per esprimere complicità e vicinanza a lei e ammirazione per il suo corpo meraviglioso ri-prodotto da lei stessa per la campagna di Cheap "La lotta è FICA", un corpo che continua a donarci generosamente per dare senso ai nostri discorsi. Discorsi che parliamo, scriviamo, traduciamo, archiviamo, e che però tante volte non si capiscono, perchè in effetti "vogliamo creare confusione nelle persone".
Il poster della creatura magnifica è stato pensato e realizzato mentre i nostri corpi erano separati nel lockdown: come in un bozzolo di farfalla prendeva forma per prendere il volo in un mondo che speravamo di trovare cambiato.
Quel corpo oggi occupa la scena pubblica interrogandoci. Nei giorni dei Pride ci interroga su chi e cosa abbia diritto di visibilità; nei giorni in cui Non Una di Meno riprende le strade invitandoci a lavare i panni sporchi in piazza ci interroga sui vincoli di responsabilità reciproca nei momenti di vulnerabilità; ci interroga su che mondo vogliamo trovare oggi, dentro e fuori dalle case, dentro e fuori dai bozzoli.
Questi interrogativi ci interpellano direttamente come Centro di ricerca e archivio, proprio perchè svolgono con altri linguaggi la traccia delle nostre riflessioni sulle biografie dissidenti, sui corpi viventi che conservano la memoria dei nostri gesti di lotta, sulla natura come luogo di resistenze e conflitti e sulla produzione e circolazione di saperi incarnati e collettivi fuori dalle istituzioni museali e accademiche. I nostri percorsi si sono incontrati diverse volte con i suoi, ricevendo sostegno materiale e supporto, anche con la traduzione in gesti e immagini potenti come questa.
Quel corpo però, il suo, di una persona reale fatta di carne ed ossa, oltre che sei tettine e un giga pelo, è oggetto di una campagna aggressivissima di insulti e minacce di una violenza assurda, perchè individuato come simbolo di intere comunità che hanno lottato per occupare la scena pubblica.
Il suo poster apre un immaginario imprevedibile su ciò che i corpi possono essere e cosa possono fare. Ed è proprio per questo motivo che perturba chi vuole scrivere, in nome di una verità giusnaturalistica, una parola definitiva che ci privi persino della nostra libertà di scegliere come immaginarci e fin dove spingere il nostro desiderio.
Il mondo che abbiamo sognato chiuse in casa è un mondo in cui la natura, liberata dalla morale conservatrice e cattolica, potesse prendere il sopravvento e spazzare via le campagne di odio delle varie sentinelle, del popolo della famiglia, dei fascisti a braccetto con i fondamentalisti religiosi, che l'anno scorso abbiamo affrontato nella Verona transfemminista, e che saremo pronte a riaffrontare ovunque si presenteranno.
Questo lavoro di Silvia mette ancora una volta, generosamente, in scena un corpo meraviglioso e imprevisto, capace di perturbare; ciò che l'arte deve fare, se non deve essere pura estetica. Produrre un altro immaginario mentre pensiamo a come distruggere i simboli del colonialismo, del patriarcato e della cultura dello stupro. Non riteniamo che i suoi lavori siano delle provocazioni, perchè sebbene ci faccia piacere che spaventi bizzochi e moralisti, non ha loro come interlocutori, ma un mondo intero di persone, biografie e corpi, che sono solitamente violentemente espulsi dalla cornice della rappresentabilità. Rompe la regola che solo ciò la cui visione è tollerabile può essere messo in scena, perchè rassicurante e da consumare. Pensiamo anche noi a tutte le bambine e i bambini che senza di lei non avrebbero un modello per immaginarsi fuori dai canoni stretti e angusti di quello che i maschietti e le femminucce devono fare per essere bravi e belle.
Il suo corpo è suo e le appartiene, ma per noi non può essere un luogo di battaglia per speculazioni, perchè è già un corpo politico che ha dato forma a tutto ciò a cui tendiamo, ma che ancora non eravamo state capaci di immaginarci, per scrivere altri futuri della rappresentazione, e più in generale, del mondo che vogliamo."